L’opera di Alex Infascelli è stata presentata oggi in anteprima e da lunedì sarà nelle sale come evento speciale per tre giorni
Quanta Roma, quanto destino. Quanto amore invade «Mi chiamo Francesco Totti», il docufilm di Alex Infascelli presentato oggi in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e che sarà nelle sale da lunedì per tre giorni (ma la Vision, che lo distribuisce, non esclude che possa restare più a lungo). Le immagini si srotolano dall’estate del ’77, sulla spiaggia di Porto San Giorgio, con Francesco di neanche un anno che già insegue il pallone, fino a oggi. La voce di Totti ci scivola sopra, ripercorrendo la sua vita in un flusso di coscienza emozionante e sincero.
UNA VITA — Ci sono immagini mai viste, partite con la Lodigiani in cui Francesco azzardava giocate che ancora oggi in campo non si vedono così spesso («Papà e zio mi davano 5 mila lire a gol, li ho mandati a picco»), feste con gli amici con tanto di balli di gruppo, gite in barca, uscite con Ilary e tanta genuinità familiare, con la mamma che gli è sempre accanto e il papà, lo Sceriffo appena scomparso, che a suo modo non gli fa mai mancare il suo appoggio. Poi ovviamente ci sono i 25 anni di carriera, dalla prima convocazione con la Roma dei «grandi» a Sensi e Mazzone («Per me è stato un papà»), il primo derby, il primo gol, l’incursione di Giannini alla sua festa di 18 anni, la prima apparizione in tv, Carlos Bianchi e Zeman, Capello e lo scudetto con gol a Roma-Parma («Dentro quel pallone c’era il sogno mio»), poi Cassano e la maglietta per Ilary, la tentazione Real e il primo Spalletti, l’infortunio e il recupero («La forza me la trasmetteva la gente»), il Mondiale vinto («Il sogno di tutti i bambini»), il ritorno di Spalletti («Qualcosa di diverso l’ho visto da subito») fino all’addio al calcio in un Olimpico in lacrime.